Una densa, approfondita e sapientemente illustrata storia della grafica Olivetti dalle origini al 1978 è in libreria ora per i tipi del Mulino, Bologna:
Caterina Cristina Fiorentino, “Millesimo di millimetro. I segni del codice visivo Olivetti 1908-1978”, pagg. 366, 200 illustrazioni circa nel testo, in b/n e a colori (poster, fotogrammi da film, pagine di dépliants ecc.). La Fiorentino è docente al SUN (Seconda Università degli Studi di Napoli) e la sua ricerca è frutto di una stretta collaborazione con l’Archivio Storico di Ivrea. Questo spiega la ricchezza, varietà e rarità delle illustrazioni. La tesi della ricerca è che le varie forme del “codice visivo Olivetti”, pur nel corso degli anni e delle trasformazioni dell’azienda e del mutare dei responsabili e collaboratori, risposero sempre a un non urlato ma chiaro e rigoroso criterio di coerenza. Coerenza tra forme espressive e prodotti o processi illustrati. Coerenza con le idee di fondo con cui Camillo fondò – e Adriano sviluppò – una azienda “socialmente resposabile”. Coerenza con la tensione verso la bellezza (una bellezza ordinatamente fondata), che Adriano impose come matrice e sfondo di tutta la sua attività di imprenditore e di promotore dell’architettura, del design e così via. Coerenza insomma come necessità: i “segni del codice visivo Olivetti” erano necessari, non futili o volatili.
La Fiorentino ha articolato la sua narrazione su episodi o capitoli giudicati fondamentali, punti di arrivo e di sviluppo insieme: la “Campagna pubblicitaria. Avanguardia nella tecnica”, realizzata nel 1939 da Elio Vittorini, Costantino Nivola e Giovanni Pintori per la Studio 42; il lancio nel 1969 della “rossa” Valentine (Ettore Sottsass con Perry King e Albert Leclerc, Giovanni Giudici, Gianni Berengo Gardin e Alberto Fioravanti); le due pubblicazioni che nel 1971 presentano il lavoro di progettazione di Walter Ballmer per il logotipo Olivetti, “Segno e disegno di una firma” e “Carattere e identità”, testi di Franco Fortini; i “Libri Rossi” per il sistema di Corporate Image, realizzati tra il 1971 e il 1977 da Hans von LKlier con Clini Trini Castelli e Perry King; l’attenzione rivolta sin dai manifesti di Marcello Dudovich per la M20 (1928) alla figura femminile, come la più importante utilizzatrice delle macchine Olivetti e co-decisore d’acquisto, in un lavoro che in quegli anni era una promozione sociale; il disegno dei caratteri come segno non casuale o solo funzionale di una impostazione rigorosamente classica e sperimentale insieme; infine, quasi a epitome, “La rosa nel calamaio” o “Storia della scrittura”, un’idea di Leonardo Sinisgalli realizzata da Renato Zveteremich, Costatino Nivola e Xanti Schawinsky nel 1938. La prefazione dello studioso Giuseppe Lupo e la postfazione di Eugenio Pacchioli, già dell’Archivio storico, incorniciano il volume. Pacchioli scrive: “La Olivetti ha avuto fortuna finché è stata animata dalla cultura. E dall’etica. Ardita tesi che può esser letta anche in negativo: Senza la cultura (e senza etica)… la Olivetti è svanita.”