Vanta natali illustri la piattaforma hardware Arduino, sviluppata presso l’Interaction Design Institute di Ivrea, scuola post laurea fondata dalla sinergia tra Olivetti e Telecom Italia. Sviluppato da programmatori e insegnanti, il microprocessore è stato ideato con scopi didattici, per fornire agli studenti uno strumento per programmare.
Scritto da Valia Barriello
Il 2005, anno della nascita di Arduino, coincide con la chiusura dell’istituto a causa di Telecom Italia che, come unico finanziatore, decide di tagliare i fondi alla ricerca. L’ultimo atto della scuola è però diventato in poco tempo un successo mondiale destinato a rivoluzionare il mondo dell’elettronica e del design. Per ironia della sorte, o meglio per la classica incapacità tutta italiana di scommettere sul futuro, Arduino ha fatto il giro del mondo prima di poter essere apprezzato anche in Italia, dove è stato inventato.
Dato il successo e la grande richiesta del microcontrollore, Arduino continua a essere realizzato, sempre a Ivrea, con l’appoggio di diverse unità di produzione, tra cui Smart Project, che si occupa della creazione e del disegno, e System Elettronica, che stampa i circuiti. Ciò che ha contribuito al successo di Arduino è il suo essere trattato come un vero e proprio prodotto di design finito, non come un meccanismo o un componente. Arduino ha un logo, un’immagine coordinata, un colore e persino un packaging che lo rendono riconoscibile. Sull’onda dello sviluppo è nata anche l’azienda Officine Arduino, che a Torino sviluppa progetti open source e ospita anche il FabLab torinese.
Studio ToDo, packaging per Arduino
Ripercorrendo la storia di questa piccola scheda ci accorgiamo che non è un caso che Arduino sia nato proprio a Ivrea, grazie alla lungimiranza di Franco De Benedetti, per anni vicepresidente dell’Olivetti, che ha fondato l’Interaction Design Institute. E non è nemmeno un caso il fatto che Arduino sia stato prodotto fra le stesse mura blu del vecchio stabile Olivetti progettato dall’architetto Edoardo Vittoria per Adriano Olivetti e riprogettato infine da Ettore Sottsass.
Un “semplice” microcontrollore ha dimostrato come il made in Italy, nonostante i pochi fondi, sappia riconvertirsi e gettare solide basi per lo sviluppo del futuro.