Abbiamo voluto testimoniareil suo spessore filosofico, noto agli amici e pochi altri, dal momento che ha pubblicato in generale su case editrici a bassa diffusione, cimentandosi su temi quali la fenomenologia, l’antropologia filosofica, la persona e la comunità, in dialogo con due autori per lui n prima linea: Paci e Ricoeur. Questo suo valore filosofico è da consolidare e da diffondere. Inoltre, attraverso le memorie degli amici abbiamo inteso far partecipi i lettori del suo spessore umano: la sua apertura e disponibilità agli altri, la peculiare propensione per gli incontri amicali, la sua giovialità e la sua spiccata sensibilità. Non lo dimenticheremo.
Fu allora che la nostra relazione si trasformò in un’amicizia basata su corrispondenze umane e culturali, per dar luogo assieme al progetto di proposta del pensiero di Adriano e di studio della cultura d’impresa che si concretizzò poi nella costruzione di Olivettiana, l’Associazione dove Emilio ha avuto un ruolo fondamentale nella stesura dei programmi e nella definizione degli obiettivi. Con la sua capacità di scrittura e di concinnitas, compose il “Manifesto di Bologna” a vessillo dell’impegno di noi fondatori nel segno di Olivetti.
Venne a trovarmi a Fiesole, discutemmo a lungo da allora in poi. Mi teneva informato dei suoi scritti e della collaborazione con la rivista Astrolabio e con Abitare in lunghe conversazioni al telefono. Conobbi un Renzi che non si era rivelato negli anni del lavoro comune, capace di un impegno nuovo , fattivo, ancor meglio dotato di grande responsabilità personale nel gestire con attenzione e dedizione le operazioni delle quali si faceva carico. Tutto con una ricchezza di pensiero, consistente spessore umano e la rappresentazione discreta ma efficace della sua molteplicità di interessi nel quadro della sua educazione olivettiana.
Da segnalare la prima traduzione italiana di un importante testo di Paul Ricoeur: P. Ricoeur, “Della interpretazione. Saggio su Freud”, il Saggiatore, Milano 1966 (terza ristampa con Introduzione di D. Iervolino, ivi 2002).
Ultimamente sto cercando di sviluppare un’analisi critico-filosofica del presente: il tracciato a oggi è leggibile nei saggi “Persona e personalismi”e “Persona e cosmopolitismo”, apparsi rispettivamente ne “L’Acropoli”, XII, 3, pp. 210-230, e ne “L’Acropoli”, XIII, 3, pp. 240-251.
Ed ecco Emilio a Milano. Emilio e io desideravamo da ragazzi andare via da Vicenza, che ci sembrava pettegola e angusta (dimenticando l’influenza che alcuni vicentini avevano avuto nella nostra formazione intellettuale e morale). Arrivato a Milano via Como, come ho detto, Emilio è diventato milanese, tanto da dedicare una parte delle sue energie a studiare Milano nella sua dimensione che lo interessava di più, la modernità. Da piccoli, forse anche per praticità (c’era la guerra, erano tempi difficili), Emilio e io venivamo spesso vestiti uguali, come si faceva con i gemelli, utilizzando una sola pezza di stoffa di buona qualità, scelta con cura. I vestitini ce li facevano a casa delle sartine, come usava allora nelle famiglie borghesi. Io invidiavo i compagni di scuola vestiti peggio di me, quasi tutti, con maglie rappezzate e alcuni con pantaloncini corti anche d’inverno. A un mio compagno tra i più poveri, una volta, avevano adattato la camicia nera del papà. Al loro confronto io mi sentivo elegante… e mi dispiaceva. Sono sicuro che questi erano anche i sentimenti di Emilio. Soffrivamo di un certo isolamento, dovuto alla chiusura dell’ambiente, ma forse soprattutto alla nostra timidezza. Né Emilio né io abbiamo imparato il dialetto, allora di uso universale attorno a noi (e ancora oggi se non a Vicenza, nella provincia). Anzi, l’italiano di Mimmo era privo di cadenza dialettale. Questo italiano l’ha passato adesso al nipotino acquisito, il bambino di 6 anni della giovane e brava badante peruviana Angelica, che l’ha assistito negli ultimi due anni. Il bambino dal nome anglizzante di Mark è stata la consolazione della sua ultima vecchiaia. I due si volevano molto bene, e ora il piccolo peruviano porta in giro la lingua di Emilio, che così si può dire quasi che non sia morta con lui. E’ Mark che il giorno dopo la sua morte ha raccontato sobriamente ma con precisione a me e a mia moglie la dinamica della sua morte improvvisa (“… e poi ha abbassato la testa…”).
Rendiconto dell’uomo olivettiano, in «L’acropoli:rivista bimestrale» (a. 3, n. 1, febbraio 2002), pp. 99-103).
Louis Constant Wairy detto Constant, Vita privata di Napoleone:le Memorie di Constant primo cameriere dell’imperatore, a cura di Emilio Renzi, Milano:Boroli, 2005, 187 pp.