Urbanistica e architettura per il benessere delle persone.
Dalla Stanford University all’Hospice pediatrico della Fondazione Hospice Seràgnoli.
Paolo Rebaudengo
Quando nel 1885 Leland e Jane Stanford decisero di donare il terreno della loro fattoria di 3.300 ettari, vicino a San Francisco, a Palo Alto, per costruirci una università, incaricarono il padre dell’architettura del paesaggio americano Frederick Law Olmstead e gli architetti dello studio Shepley, Rutan e Coolidge di Boston, che progettarono un gigantesco campus nel verde punteggiato di querce, pensato per una espansione nel tempo, una architettura che escludesse barriere tra le persone, tra le discipline, tra le idee. Per una formazione non settaria, aperta a ragazzi e ragazze, di tutte le classi sociali, gratuita per i meno abbienti, che insegnasse tanto materie umanistiche quanto quelle tecnologiche e scientifiche che stavano cambiando l’America.
L’inaugurazione avvenne nel 1891; il primo Rettore fu il naturalista David Starr Jordan, pacifista, Presidente della Fondazione Mondiale per la Pace dal 1910 al 1914.
Due anni dopo l’apertura, vi giunse Camillo Olivetti, venticinquenne, ingegnere, in viaggio negli Stati Uniti, “il nuovo mondo”, per visitare fabbriche, scuole e università, dopo aver accompagnato al Congresso mondiale di elettricità di Chicago Galileo Ferraris col quale si era laureato. Venne assunto per un semestre come assistente di elettrotecnica.
Nel 1955 Adriano Olivetti inaugurò lo stabilimento industriale di Arco Felice (Pozzuoli): aveva incaricato pochi anni prima il più grande paesaggista italiano del ‘900, il fiorentino Pietro Porcinai, l’architetto Luigi Cosenza e il designer, architetto e pittore Marcello Nizzoli, per un progetto pensato per i lavoratori e le lavoratrici che sarebbero state assunte per la produzione di macchine calcolatrici. Pescatori e contadine che non dovevano rimpiangere i colori del mare e della campagna: dei dai loro posti di lavoro, in un ambiente luminoso e in spazi assai più ampi di quanto volesse l’architettura industriale, avrebbero trovato la stessa luce e ammirato lo stesso paesaggio.
In quegli stessi anni Enrico Mattei pensò di far costruire un villaggio sulle Dolomiti, a Borca di Cadore, per le vacanze dei dipendenti dell’ENI e delle loro famiglie. Si rivolse all’architetto Edoardo Gellner, noto per la costruzione di edifici in montagna, certo che avrebbe tenuto conto dell’ambiente e delle tradizioni locali. Come scrive Michele Merlo in Architetture per un’idea, Mattei e Olivetti tra welfare aziendale e innovazione sociale (a cura di Pietro Cesari, il Mulino, 2013), dalla piena collaborazione e sintonia tra Mattei e Gellner, scaturì il progetto del più grande complesso alpino d’Europa, perfettamente integrato nell’ambiente dolomitico, attento al connubio tra natura e architettura.
Il mese scorso Isabella Seràgnoli, imprenditrice, ha inaugurato l’Hospice pediatrico più bello del mondo, nei pressi dell’Ospedale Bellaria di Bologna. A progettarlo, accanto a lei, Renzo Piano, il più importante architetto d’Italia e senatore a vita, Paolo Pejrone, notissimo architetto del paesaggio, e per le decorazioni Francesco Tullio-Altan, popolare vignettista dell’operaio metalmeccanico Cipputi, amato dalle bambine e dai bambini per le sue storie illustrate della Pimpa e di Kamillo Kromo.
8.350 metri quadri sospesi tra le acacie, perché, come dice Piano, ai bambini giunga “una luce che filtri e che goccioli attraverso gli alberi”, mentre dal soffitto si vede il cielo. E per le famiglie dei bambini e delle bambine ci sono appartamenti che si raggiungono attraverso ponti coperti sospesi nel verde.
Anche chi conosce Isabella Seràgnoli per le sue tante iniziative in campo culturale, sociale, sanitario, formativo, è rimasto a bocca aperta. Ampi servizi di noti giornalisti sono apparsi nelle pagine nazionali dei quotidiani. E un affettuoso e commosso scritto di Fulvio De Nigris, direttore del Centro Studi per la Ricerca sul Coma e fondatore della “Casa dei Risvegli Luca De Nigris” è apparso sul periodico on-line Cantiere di Bologna.
A unire queste opere, non certo le uniche realizzate nel tempo e nello spazio da imprenditori lungimiranti, una caratteristica: la cultura di progetto dei promotori. Che implica sperimentazione, come peraltro si deduce dal nome della Fondazione MAST (Manifattura di Arti, Sperimentazione e Tecnologia), ancora una iniziativa di Isabella Seràgnoli, inaugurata nel 2013. Implica altresì una forte attenzione alla realtà, al desiderio di contribuire a modificarla in meglio e al desiderio di realizzare opere esemplari, che possano costituire uno stimolo se non un modello per gli altri imprenditori. Implica infine l’aver capito e dimostrato, quanto l’architettura e l’urbanistica siano discipline fondamentali per il benessere delle persone.
Bologna, 5 luglio 2024