Coordinatore del Sito Web di Olivettiana. Formatore, Direttore editoriale sino al 2013 di FOR , rivista dell’ AIF – Associazione Italiana Formatori, Maestro del Lavoro. In Olivetti dal 1960 al 1991 presso la Direzione Commerciale.

Omaggio a Osip Mandel’štam, poeta e lettore di Dante

Connessione con una personale vicenda olivettiana

Chi nel 1960 , ventenne diplomato e proveniente dai paesi, veniva assunto in una Filiale Olivetti, scopriva insieme al lavoro, la vita della città.

Sorprende ancora, ed è motivo di studio da parte in Olivettiana.it[1], capire come sia stato possibile che la prima formazione al Cisv, la scuola Olivetti di Firenze, prima in Europa dedicata al futuro management olivettiano, e la formazione permanente in Filiale, abbia fatto in modo che questo tipo di persone (ventenni diplomati) , sia stata in grado di vendere a ingegneri , architetti, commercialisti.. calcolatrici da 325.000 lire o 485.000 (pari a molti stipendi di impiegati) o macchine per scrivere elettriche da 250.000 lire ad avvocati e notai e nel giro di alcuni anni abbia potuto affrontare nuovi lavori in altre Filiali o nelle funzioni di staff di Via Clerici, a Milano.

Su un piano completamente diverso, sorprendeva anche l’autorizzazione da parte della Direzione della Filiale (Bologna, Pavia ecc.) concessa di buon grado ad un libraio che ogni mese allestiva dalle 13 alle 14 un piccolo banchetto di libri, acquistabili a rate.

Nei paesi i libri si vedevano nelle biblioteche (luoghi pregiati per studiare in d’inverno) e nelle cartolibrerie, efficientissime per i testi scolatici.

Quella piccola esposizione di libri nella filiale Olivetti , insieme ai primi stipendi, favorì una confidenza e una frequentazione con i libri che dura tuttora, sessanta anni dopo quel lontano 1960.

Poiché al Liceo scientifico un bravo insegnante ci fece apprezzare autori e testi dell’Antologia delle letterature straniere di Mario Praz e Ettore le Gatto (Sansoni 1952), libro da me citato nel colloquio con il selezionatore Olivetti , i primi acquisti furono: Poesia straniera del 900 di Attilio Bertolucci ,Garzanti 1960, e la Poesia russa del 900 di Angelo Maria Ripellino , Feltrinelli 1960.

I poeti russi Blok, Achmatova, Mandel’štam, Majakoskij, Pasternak, Esenin e Cvetaeva divennero così occasioni per ripetute riletture e vari approfondimenti.

Uno di questi ‘il più grande fra i grandi’ Osip Mandel’štam, autore di Conversazione su Dante giovedì 6 maggio 2021 sarà ricordato dal Comitato di Milano della Società Dante Alighieri ed io sarò il relatore (in streaming).

Ma a questa informazione, che si collega alle frequentazioni per lavoro e per amicizia che ogni persona coltiva e sviluppa nel tempo, voglio aggiungere il contributo indiretto che , assieme a tanti altri colleghi, ho avuto dall’ambiente Olivetti, amico della cultura e dei libri.

1-Le prime righe dell’introduzione di Poesia straniera del 900 di A.M. Ripellino sono ‘La nuova poesia russa comincia con Vladimir Solov’ëv poeta e filosofo, precursore del simbolismo’.

Comunità, la casa editrice fondata da Adriano Olivetti nel 1946, nel 1947(2° ed.1960) aveva pubblicato Vladimir Soloviev , La Russia e la chiesa Universale. Libro interdetto dalla polizia zarista e pubblicato a Parigi nel 1899 e ripubblicato in italiano nel 1947 da Comunità, attenta a temi filosofici, sociologici e spirituali .

Un autore del quale è stato scritto ‘quasi tutto ciò di cui egli si era fatto promotore, da una teologia immaginosa e audace a un’approfondita critica dell’intelligencija radicale, acquisterà improvvisa valenza nei primi anni del 20° secolo’[2] .

Aggiungo che la casa editrice era ed è così presentata ‘Conoscenza, responsabilità, rispetto dell’ambiente, dignità della persona, spiritualità: dalla voce di uno dei più grandi innovatori del Novecento, le parole per una nuova società a misura d’uomo.’

I cataloghi di Comunità, ne conservo uno del 1964, servivano per ordinare i libri (a prezzi agevolati per i dipendenti). Quando da studente di Sociologia mi presentavo con alcuni celebri testi pubblicati da Comunità , avvertivo qualche sorpresa nei docenti.

La riviste Comunità e Selearte erano disponibili nelle Filiali Olivetti.

Una provvidenziale Storia della letteratura russa di D.P. Mirskij (1890-1939) edita da Garzanti nel 1965, fornì una buona base per una sorta di auto-formazione e primo approccio con la letteratura russa (nel lessico olivettiano la formazione, nelle sue varie accezione, era un tema ricorrente) . “L’autore è il principe Mirskij nato a San Pietroburgo nel 1890. Durante la guerra civile combattè dalla parte dei bianchi e dopo la sconfitta emigrò a Londra. Nel 1931, ritornò attratto da ciò che stava avvenendo in Russia e si iscrisse al partito comunista. Morto il suo amico Gorkij nel 1936, Mirskij scomparve , forse in un gulag nel 1939. Rappresenta la migliore storia della letteratura russa che esista nelle lingue occidentali, la più ariosa, illuminante e leggibile” (dalla prefazione)

Con i tempi e con quella naiveté frequente nel lettore entusiasta, il confronto con le poesie dei simbolisti russi (che nel frattempo venivano pe così dire clasificati) faceva emergere le differenze con le poesie di Mandel’štam.

Leggendo poi il manifesto della sua poetica nel ‘mattino dell’acmeismo’ abbozzato a 21 anni e pubblicato nel 1919 a 28 anni, scritto insieme alla sua grande amica Anna Achmatova ,si comprendeva la sua eccezionale statura di poeta.

Il rapporto con i capi della rivoluzione dell’ottobre 1917 . riguardò Mandel’štam e un’intera generazione di poeti ( il poeta Nikolaj Gumilëv venne fucilato nel 1921) scrittori, pittori, ed è un capitolo che genera rabbia e furore.

“Il rapporto si stabilisce in due tempi. Il primo è anteriore all’ottobre 1917: si tratta dell’atteggiamento che assumono rispetto all’idea della rivoluzione prima del suo inizio..Il secondo tempo riguarda il rapporto che si istaura tra i creatori e rappresentanti del potere una volta che la rivoluzione è avvenuta’.[3]

Così scrive Tzevetan Torodov (1939-2107) ‘un profondo umanista contemporaneo e un indomito intellettuale pubblico’ (La Stampa) nel suo ultimo libro.

Per nulla intimidito dai nuovi capi che pretenderanno dai poeti e dagli artisti comportamenti collaborativi, Mandel’štam sarà per tutta la vita contrastato (arresti, perquisizioni, distruzione di manoscritti, confino ) al punto che confiderà all’amica Achamatova ‘sono pronto a morire’.

Nel 1933 ‘una forza quasi mistica gli detta questi versi e lo costringe a recitarli:

Una banda di capi dal collo filiforme ruota intorno a lui

E dei servizi di queste ombre di umani si rallegra.

L’uno fischia, l’altro miagola, un altro gene,

solo lui a designare e punire [4]

Sono versi delle sua poesia su Stalin, il montanaro del Cremlino.

2-Nel 1918 Mandel’štam’viene eletto con Maiakovskij e Pasternak membro del circolo linguistico di Mosca, guidato da Roman Jakobson’[5]

Una seconda sorpresa: Roman Jakobson (Mosca 1896- Boston 1982) sempre citato nei corsi di formazione per le ‘ sei funzioni del linguaggio’( emotiva, fàtica, conativa, poetica, metalinguistica e referenziale) fu relatore a Milano al Convegno del 14-17 ottobre 1968 dal titolo Linguaggi nella società e nella tecnica promosso dalla Olivetti per il centenario della nascita di Camillo Olivetti [6]. Tra i 25 relatori: Giacomo Devoto, Seymour Papert, Umberto Eco, Tullio De Mauro, Emile Benveniste, Marvin Minsky Thomas Sebeok..

Roman Jacobson , nato nel 1896, è stato amico del coetaneo Maiakovskij fece parte della generazione ‘che ha dissipato i suoi poeti’, come scrisse in un celebre saggio del 1930.

3- In un viaggio turistico che feci nel 1968 in Urss ( Leningrado, Kiev e Mosca ) la ci fu l’occasione di leggere la storia delle due rivoluzioni russe del 1905 e 1917 , e capire come tanti scrittori, poeti, pittori furono coinvolti e in gran parte uccisi o emigrati, nel periodo delle grandi purghe staliniane. Come pure il ruolo di Aleksandr Puškin nella letteratura russa. Una sorpresa fu incontrare a Mosca sulla Piazza Rossa un gruppo di amici e tecnici olivettiani, in Russia per lavoro

4-La slavista Serena Vitale, allieva di A.M. Ripellino pubblicò nel 1972 ‘Poesie, Mandel’štam’ mettendo in copertina questa sua poesia, rimasta incastonata nella memoria:

A cantare davvero

e in pienezza di cuore

finalmente

tutto il resto scompare: non rimane

che spazio, stelle e voce .

Conversando in treno con Enore Deotto, dirigente Olivetti e presidente dello SMAU dal 1986 al 2000, avevo con me il libro e lui mi parlò di sua figlia Patrizia, allieva della prof. Vitale. Oggi leggo che Patrizia Deotto è traduttrice , docente di

Letteratura russa all’Università di Trieste. Un suo testo del 2002 ha per titolo In viaggio per realizzare un sogno. L’Italia e il testo italiano nella cultura russa.

Nel 2016 ha presentato a Milano Svjatlana Aleksievič , premio Nobel per la letteratura.

5-Successivamente continuando a coltivare questo genere di letture, senza fretta nè obiettivi, nel 1987 in una conferenza a Ferrara ebbi l’occasione di ascoltare Iosif Brodskij , premio Nobel per la letteratura, che presentò il suo Fuga da Bisanzio e parlò della propria vita. Fu un incontro emozionante dove, in un breve scambio di parole mentre firmava autografi , riconfermò amabilmente il suo amore per l’italiano che assieme all’inglese , appreso dai poeti –Auden e Montale in particolare- ‘gli salvarono la vita’. Anche lui poeta (classe 1940), carcerato in varie occasioni scrisse su Mandel’štam

‘ Non è che Mandel’štam fosse un poeta ‘colto’: era piuttosto un poeta della cultura e per la cultura. Una volta, invitato a definire l’acmeismo- il movimento letterario al quale apparteneva- rispose ‘Nostalgia di una cultura mondiale’.

‘Un poeta si mette nei guai non tanto per le sue idee politiche quanto per la sua superiorità linguistica e, implicitamente psicologica. Il canto è una forma di disobbedienza linguistica, e le sue note gettano un’ombra di dubbio su ben altro che un concreto sistema politico: mettono in discussione tutto l’ordine esistenziale. E il numero degli avversari cresce in proporzione’[7]

Nel 1990 Furio Colombo, che ebbe un interessante passato in Olivetti, in una lunga e complessa intervista a Brodskij, registrò la seguente risposta a proposito del ‘fattore libertà’in Russia:

’Un’ importanza enorme e vorrei aggiungere che forse nessuno ha lottato per la libertà più di gente come Pasternak, Mandel’štam, Achmatova’[8]

Nel 1996 in occasione della morte di Brodskij nel gennaio 1996, Colombo pubblicò un articolo su Repubblica’ Iosif Brodskij professione poeta’ dove si leggeva ‘

“Joseph Brodskij, premio Nobel per la letteratura (1987), era venuto a vivere negli Stati Uniti non appena aveva potuto abbandonare la Russia, dopo una serie di condanne, di periodi trascorsi in prigione o nei gulag.

Mi aveva fatto leggere i verbali di alcuni dei suoi interrogatori. Lo scontro con i giudici sovietici, in ogni processo, cominciava dalle prime battute. “Professione?” chiedeva l’ inquisitore. “Poeta”, rispondeva Brodskij con l’ aria di sfida che non l’ ha mai abbandonato. “La poesia non è un mestiere, come si sostiene lei?” “Con la poesia, l’ ho già detto”. “Allora lei è un parassita”. Sentenziava il giudice. Seguiva secondo il codice sovietico, la condanna ai lavori forzati.

Brodskij ne ha scontate cinque.”

6- Nel 1990 l’Università di Bologna, il Comune e la Provincia organizzarono una mostra di libri e di codici russi provenienti dall’Università di Leningrado, il pieghevole di presentazione era realizzato da Olivetti.

Conclusione

In questo appunto ho inteso rimarcare come gli incontri casuali con i libri e con la lettura possano innescare sviluppi fecondi .

Inoltre l’incontro con Mandel’štam, straordinario lettore di Dante, è stato determinante per ‘ria-aprire’ Dante e comprendere a fondo che ‘Dante è stato attore-creatore del (nostro) Dna linguistico: la matrice latino-toscana, ben si sa, non fu che il telaio e il canovaccio, sia pure di enorme importanza, di quella lingua cui il suo genio sovrumano diede vita usando come pezzi da costruzione tutte le lingue locali di un’Italia che non esisteva, attingendo inoltre al provenzale, al celtico, al germanico, al fiammingo. Sembrerebbe, ancora oggi, un’operazione impossibile, se non fosse riuscita’.[9]

Mandel’štam che ‘ardeva tutto per Dante’’come disse di lui l’amica Anna Achamatova , aveva imparato la lingua italiana e ‘recitava la Divina Commedia giorno e notte e in seguito recitammo spesso Dante insieme’ (Faccani, p.18)

Osip Mandel’štam nacque a Varsavia nel 1891ed abitò a San Pietroburgo dall’età di due anni, che ai primi del 900 era la capitale della Russia imperiale con 2.400.000 abitanti e dalla quale ,dal 1915 , partiva la ferrovia che dopo 9000 km raggiungeva Vladivostock, sul Pacifico.

Studiò al prestigioso Istituto Tenisev, (dove studiò in seguito Nabokov). Dopo il diploma fu a Parigi alla Sorbona e a Heidelberg in Fermania per studiare filologia poi si inserì nella vita culturale di San Pietroburgo. Nel 1928 aveva risposto ad un’inchiesta su ‘Lo scrittore sovietico e la rivoluzione russa’ con queste parole ‘Le sono grato per avere posto fine una volta per sempre alla sicurezza spirituale e al vivere di rendita culturale.. Mi sento debitore della rivoluzione, ma i doni che le offro non le sono per ora necessari…’

Morì in un gulag di transito, a Vtoraja  Rečka alle porte di Vladivostok, il 27 dicembre 1938. Nel 1933, a Koktebel in Crimea dove era confinato, aveva dettato in un mese alla moglie Nadezda, che aveva trovato fortunosamente una risma di carta, Conversazione su Dante [10] . Poco dopo recitò agli amici un’ invettiva contro Stalin Viviamo senza sentire sotto di noi il paese che innescò il fatale epilogo.

Osip Ėmil'evič Mandel'štam POESIE SCELTE – nuova versione a cura di Donata  De Bartolomeo | L'Ombra delle Parole Rivista Letteraria Internazionale
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  1. Associazione di ‘olivettiani in rete’ attiva dal 2001, dopo un Convegno svolto all’Università di Bologna, dipartimento di Sociologia di Scienze Politiche su Formazione e cultura come valori strategici per l’impresa con Laura Olivetti, Giuliana Gemelli, Michele la Rosa, Emilio Renzi, G, Dallolio

  2. Nicholas .V. Riasanovsky Storia della Russia, Bompiani 1989,1996 (ed a cura di Sergio Romano)

  3. Tzvetan Todorov, L’arte nella tempesta. L’avventura di poeti, scrittori e pittori nella rivoluzione russa, Garzanti 2017 p.11

  4. T.Todorov op.cit p.77

  5. Francesca Vennerucci Il pane che si porta in carcere Dante nella poesia di Osip Mandel’štam (web)

  6. Linguaggi nella società e nella tecnica, atti del convegmo Edizioni di Comunità 1970

  7. J. Brodskij, Fuga da Bisanzio, Adelphi 1987 p.84

  8. Furio Colombo, Il terzo dopoguerra. Conversazioni sul post-comunismo, Rizzoli 1990 p.135

  9. Pier Luigi Amietta, Padre davvero, Dante. Viaggio Dantesco nelle parole di oggi, Illustrazioni di Adamo Calabrese Spoon River ed.2012, p.6

  10. Mandelstam, La quarta prosa, De Donato 1967. Nel 1994 a cura di Remo Faccani Conversazioni su Dante Il Melangolo 1994

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