Giuseppe Silmo Nato a Ivrea nel 1941, nel 1966 inizia all’Olivetti come commerciale zonista a Torino e finisce 33 anni dopo, come Area Manager per l’Africa e il Medio Oriente. Nell’intermezzo, lavora ad Ivrea nel Marketing Centrale, ricopre poi diverse posizioni di Marketing, Sales Manager e Purchasing Manager. Nel 1994 è nominato Project Coordinator del progetto Europeo per il Retraining degli Ufficiali dell’Armata Rossa. Obiettivo: la formazione di 16.000 ufficiali (formati 17.000) a posizioni manageriali nella vita civile. Laureato in Scienze Politiche e poi in Storia. Laurea che lo porta a condurre una ricerca su un convento nel paese dei suoi avi, La storia della Trappa, e poi sui mille anni dello stesso paese, Sordevolo e la sua Storia. Scrive una trilogia sui prodotti Olivetti: MPS Macchine per scrivere Olivetti e non solo. Memorie di un venditore di macchine per scrivere, con la prefazione di Laura Olivetti; MDC Macchine da calcolo Olivetti e non solo. Natale Capellaro, il genio della meccanica; Olivetti e l’Elettronica, Una storia esemplare, a cui fa seguire il libro che ha ottenuto il maggior successo: Olivetti. Una storia breve e infine: Adriano Olivetti e il Territorio. Dai Centri Comunitari all’I-RUR. Scrive, di argomenti olivettiani, sul «Notiziario delle Spille d’Oro Olivetti», su giornali locali e su pubblicazioni on-line.

Il cambiamento in Olivetti: quando e come ha mutato l’identità aziendale

Di Giuseppe Silmo

Recentemente, mi è stato richiesto di esaminare gli effetti del cambiamento in Olivetti in rapporto al mantenimento della fedeltà ai suoi valori e alla sua identità originari, quesito a cui non si può rispondere se non suddividendo la vita dell’Azienda in diversi periodi, perché ad ognuno di essi corrisponde una diversa realtà.

Questo resoconto non vuole essere un excursus storico sull’Azienda, ma un insieme di annotazioni, citazioni e testimonianze, che aiutino a tratteggiare i cambiamenti intervenuti a fronte dell’evoluzione tecnologica, delle trasformazioni dei prodotti e delle mutazioni strutturali e proprietarie, nei mutamenti dei valori olivettiani ritenuti costitutivi e della stessa identità aziendale.

Per rispondere alle varie situazioni, ho pensato di avvalermi della suggestione del titolo del libro di Piergiorgio Perotto: “Cambiare Pelle per salvare la Pelle”.[1]

Piergiorgio Perotto, in questo suo libro, scrive: “Volendo ritrovare le radici al modello di strategia che in queste pagine viene presentato, mi fa piacere pensare che esse risiedano nella visione di impresa che Adriano sviluppò […] e che […] precorse i tempi. Già in quegli anni l’espansione e il successo mondiale della Olivetti dimostrarono che una strategia basata, da una parte, sulla valorizzazione delle capacità creative di tutti i membri di una organizzazione, e, dall’altra, su una fabbrica generatrice di armonia e di bellezza attraverso i suoi prodotti, poteva essere un’arma vincente”.[2]


1. La Olivetti di Camillo – Adriano: 1908-1938
Il periodo della “formazione”

Cambiare pelle per trasformare l’officina in una fabbrica moderna

  • 1908-1925: Officina artigianale
  • 1924: Adriano entra in “fabbrica”
  • 1925: Adriano inizia la sua azione per trasformare l’azienda da artigianale a industriale insieme a  Gino Martìnoli, con pieno successo, continuità nel tempo e grande rispetto per le persone,[3] grazie all’organizzazione scientifica del lavoro, appresa durante il suo viaggio negli Stati Uniti di cui scrive anni più tardi:

“Imparai la tecnica dell’organizzazione industriale, seppi capire che per trasferirla nel mio paese doveva essere adattata e trasformata”.[4]

Camillo scrive nel 1933 : “Tali metodi erano ispirati ai metodi americani, ma non furono scevri di una certa originalità e furono certamente meno brutali di quelli adottati nelle officine americane e in quelle officine europee che vollero pedissequamente imitare quelle americane”.[5]

In questi anni si forma l’identità aziendale fondata su quell’insieme intangibile di comportamenti e ideali che comunemente viene chiamato “Modello Olivetti” che meglio sarebbe chiamare “Paradigma Olivetti”.

Adriano ricorda una raccomandazione di suo padre Camillo: «Ricordati, – mi disse, – che la disoccupazione è la malattia mortale della società moderna; perciò ti affido una consegna: devi lottare con ogni mezzo affinché gli operai di questa fabbrica non abbiano da subire il tragico peso dell’ozio forzato, della miseria avvilente che si accompagna alla perdita del lavoro». [6] Il monito del fondatore è diventato parte del DNA aziendale, per cui in Olivetti non si licenzia.


2. La Olivetti di Adriano: 1938 – 27 febbraio1960
Il periodo “classico” – Gli innovatori

Non si cambia pelle 

Protagonisti dell’innovazione

Natale Capellaro: progetta la classe di calcolatrici MC24 (Elettrosumma 14, Multisumma 14. Divisumma 14, Divisumma 24, Tetractys); entrato a 14 anni come operaio, diventa progettista in Olivetti, azienda predisposta all’innovazione e a valorizzare le persone che con le loro competenze “creano” il prodotto, impostazione di base fertile e diffusa che ha portato a grandi risultati. Capellaro e gli altri progettisti come lui realizzano i prodotti che poi l’Azienda fa propri. Non c’è una sovrastruttura che pianifichi i loro progetti.

Ugo Galassi: ideatore, a partire dalla seconda metà degli anni ’50, della organizzazione commerciale Olivetti, prima in Italia e poi riprodotta in tutto il mondo, innovazione paragonabile, per il successo della Olivetti, alle MC24 di Capellaro. Crea e sviluppa la prima scuola di formazione commerciale a Firenze, il CISV (Centro Istruzione Vendite), inventa un modo di suddividere il mercato, in altri termini inventa una metodologia di lavoro.

Marcello Nizzoli: crea il design delle macchine per scrivere Lettera 22 e Lexikon 80, in cui si compie quel connubio tra tecnica e design che porta questi modelli all’esposizione permanente al MOMA di New York, a rappresentare, per la prima volta, l’arte in un prodotto di uso ordinario.

Mario Tchou: scienziato assunto da Adriano, sviluppa, in una villetta vicino a Pisa, con un piccolo gruppo di persone geniali, il calcolatore ELEA 9003, il primo al mondo con la tecnologia completamente a transistor, precedendo la stessa IBM.

Ettore Sottsass: il suo design dell’Elea 9003 è assolutamente innovativo sia da un punto di vista funzionale, sia da quello dell’architettura complessiva del sistema, tanto da meritare l’attribuzione del Compasso d’Oro nel 1959.

Identità aziendale
All’ingresso degli ex Servizi Sociali Olivetti, a Ivrea, è posta questa epigrafe, dettata da Adriano Olivetti nel 1958:

QUESTA NUOVA SERIE DI EDIFICI
POSTA DI FRONTE ALLA FABBRICA
STA A TESTIMONIARE
CON LA DILIGENTE EFFICIENZA
DEI SUOI MOLTEPLICI STRUMENTI
DI AZIONE CULTURALE E SOCIALE
CHE L’UOMO
CHE VIVE LA LUNGA GIORNATA
NELL’OFFICINA
NON SIGILLA LA SUA UMANITA’
NELLA TUTA DI LAVORO

Da qui, il senso dell’appartenenza a una grande famiglia che condivide gli stessi valori del così detto “Modello Olivetti”, ossia una diversa modalità di fare industria, fondata sul rispetto della persona; un’azienda che si sente responsabile verso i propri dipendenti, innanzitutto persone, non solo forza lavoro.  Come dice Adriano in suo scritto: “Il tentativo sociale della fabbrica di Ivrea, tentativo che non esito a dire ancora del tutto incompiuto, risponde a una semplice idea: creare un’impresa di tipo nuovo al di là del socialismo e del capitalismo.[7]

L’identità aziendale raggiunge il suo punto più alto, come pure il senso di appartenenza di una comunità che si riconosce nella Olivetti e nei suoi valori all’interno e al di fuori dell’Azienda. A tal proposito, si riporta una testimonianza di Enrico Sargentini:[8] «Avevo visitato molte fabbriche (tra cui le più note) in quel periodo, ma mai avevo visto il rispetto ed il senso di dignità che governavano i rapporti di lavoro che c’erano in Olivetti. […]  La Olivetti era una “comunità” di fatto! E da nessuna parte c’era traccia della men che minima “burocrazia”».[9]


3. La Olivetti dopo Adriano 1960-1971 e l’ingresso del Gruppo d’intervento.
Il periodo “sospeso” tra un grande passato e un futuro da scoprire.

La crisi finanziaria della famiglia Olivetti del 1964 (fatta passare artatamente per quella dell’Azienda dal “salotto buono” della finanza italiana con a capo Enrico  Cuccia di Mediobanca, desideroso di riportare la Olivetti nei ranghi del capitalismo italiano) porta all’entrata del Gruppo d’Intervento (Fiat, Pirelli, IMI, Centrale), con l’imposizione della cessione della Divisione Elettronica alla General Electric.[10]

Protagonisti

Giuseppe Pero – Presidente dal 1960 al 1963.
Bruno Visentini – Presidente dal 1964 al 1983
Aurelio Peccei – A. D. (uomo FIAT) dal 1964 al 1968
Roberto Olivetti – A. D. dal 1968 al 1971; con lui riprende l’elettronica
Paolo Volponi – Capo delle Risorse Umane dal 1964 al 1971

A proposito di Volponi, ricordiamo l’invito rivolto ai Gestori del Personale a muoversi come “una magistratura aziendale, senza Tribunale” (giugno1971): al magistrato senza tribunale si chiedeva di essere sempre un vigile mediatore tra gli interessi contrapposti, senza dar per scontato che la ragione dovesse per forza essere dalla parte dell’Azienda verso i Sindacati o del Capo verso il suo sottoposto, ma avendo la libertà di contribuire alla soluzione dei conflitti con una intelligente mediazione, avendo a disposizione un ampio scacchiere aziendale in cui muovere eventualmente le sue pedine, alla ricerca di equilibri possibili e di “collocare l’uomo giusto al posto giusto”. Tutto ciò, senza che venisse mai meno l’impegno alla valorizzazione delle risorse umane, alla ricerca di soluzioni organizzative e tecniche che migliorassero, sia a livello individuale che collettivo, le condizioni di lavoro, nelle fabbriche come negli Uffici. [11]

Tale “magistratura aziendale” rimane così per molto tempo, conservando il tratto dei valori olivettiani nei rapporti con le persone.

Piergiorgio Perotto – inventa la Programma 101, il primo personal computer al mondo.

Fine anni ’60: la nascita dell’elettronica scardina il modello tayloristico

Cambiare pelle per superare il taylorismo

Con l’elettronica, il modello produttivo introdotto negli anni ’30 non è più sostenibile. La catena di montaggio della Divisumma 24 ha più di 100 stazioni con fasi della durata media di 2 minuti. [12]

All’inizio degli anni ’70 la Olivetti risponde con le Unità di Montaggio Integrate (UMI), chiamate anche isole di montaggio, così le definisce Federico Butera, uno degli artefici principali, “un modello in cui i cicli di lavoro si ricomponevano in fasi molto più lunghe e venivano affidati a singoli operai o a team di lavoro con responsabilità di controllo”.[13]

UMI Logos 270

Le UMI sono composte da circa trenta persone che costituiscono un gruppo autonomo che produce la macchina completa, della cui qualità è responsabile. Nelle UMI ogni persona produce un intero gruppo del prodotto che, finito, viene collaudato. Questa struttura aumenta la professionalità degli addetti e la flessibilità del gruppo, perché le mansioni al suo interno sono intercambiabili, con la drastica diminuzione dell’assenteismo e l’aumento della produttività. Ristrutturazione attuata con pieno successo nella produzione, non solo da un punto di vista qualitativo e quantitativo, ma con un miglioramento delle condizioni di lavoro e una sostanziale maggiore qualificazione degli addetti. Innovazione tecnico-organizzativa con una completa trasformazione delle modalità del lavoro, che ha coinvolto tecnici, sindacati, esperti di organizzazione. Esperienza unica nel mondo delle imprese italiane in quegli anni. [14]

È l’età della “conservazione” del “Modello Olivetti”, dove i valori fondanti di Camillo e Adriano costituiscono ancora i valori dell’Azienda in cui i dipendenti si riconoscono.

Alla fine degli anni Sessanta, inizio Settanta, l’organizzazione commerciale Olivetti ha raggiunto la massima estensione. Le Consociate sono salite a 30: 10 nelle Americhe, 14 in Europa, 4 in Asia, una in Sud Africa e una in Australia.

La struttura commerciale delle Consociate è paragonabile a quella italiana. Molti direttori di Consociata hanno iniziato il loro cammino in Olivetti al Centro Istruzione Vendite di Firenze, dove torneranno man mano che cresceranno nelle loro responsabilità commerciali. Le tecniche di vendita sono le stesse utilizzate in Italia.

I contatti con le Consociate e con il loro personale commerciale e tecnico sono continui. Le Consociate non sono entità separate, ma profondamente integrate, lo spirito Olivetti è lo stesso a Johannesburg come a Ivrea, si parla la stessa lingua in termini di valori aziendali, sociali e culturali. Ivrea è il faro a cui tutti si ispirano e guardano; sarà così per lungo tempo.[15]


4. Beltrami “sul ponte di comando”[16]: settembre 1971-1978
Il periodo della conversione da meccanica ad elettronica

Cambiare pelle per riprendersi il futuro

L’operazione di cambiamento è attuata con successo nel settore della Pianificazione, del Progetto e della Produzione, con la piena trasformazione da azienda meccanica a elettronica, nel rispetto dei valori fondanti, senza licenziamenti (monito di Camillo ad Adriano: “Non licenziare!”) e delocalizzazioni, nonostante l’esubero di personale.[17]

Trasformazione, tuttavia, non sufficiente a salvare la Olivetti a causa della sottocapitalizzazione voluta dal Gruppo d’Intervento per mantenere l’Azienda sotto controllo e impedire quella alterità antisistemica di Adriano Olivetti.

Il capitale era di 60 miliardi nel 1964, è di 60 nel 1978.[18]

Progressivo indebitamento.

Protagonisti

Ottorino Beltrami – A. D. da settembre 1971 al 1978.
Marisa Bellisario – 1972, Direttore Pianificazione Operativa.

Bellisario è molto critica nei riguardi della R&S di Giorgio Perotto per le aree Progetti, Software e Ufficio Architettura Sistemi.[19]

Alle dipendenze della Pianificazione Operativa viene creata la Pianificazione Prodotti, che, partendo dalla fase iniziale d’ideazione di un nuovo prodotto, porta al suo progetto, alla sua messa in produzione e commercializzazione, in rapporto dialettico con tutte le funzioni aziendali.[20]

Prodotti significativi

TC 800
A5 – A6 – A7
BCS
ET 101 – La prima macchina per scrivere elettronica al mondo.

  • 1977: Vendita dello stabilimento di Glasgow con la produzione della Portatile elettrica a pallina Lexikon 82. Il primo vulnus al “mondo Olivetti”. Il “popolo olivettiano” vive la notizia, tenuta quasi nascosta, molto male e intuisce che forse un’era sta finendo.[21]
  • 1978 – Abbandono della struttura funzionale per una struttura divisionale. I prodotti di informatica sono concentrati nel Gruppo Informatica Distribuita (GID), affidata a Marisa Bellisario, che comprende tutte le funzioni di progetto prima nella DR&S di Perotto. I prodotti per ufficio sono concentrati nella Divisione macchine per Ufficio, con le relative funzioni di progetto.[22] Scompare il Gruppo DR&S di Perotto, costituito nel1967, legato alla struttura funzionale.[23] Rimane la Direzione Centrale Ricerca affidata a Perotto, con funzioni di ricerca tecnologica non finalizzata ai prodotti.[24]

I valori fondanti sono ancora quelli olivettiani, come ha ben dimostrato il passaggio dalla meccanica all’elettronica. Sebbene ormai sia chiaro a tutti che la Olivetti stia cambiando e fatichi a mantenere la sua identità, l’Azienda ha ancora una competenza trasversale diffusa e il senso d’iniziativa individuale è apprezzata.


5. I primi 10 anni di Carlo de Benedetti, 1978-1989
Il periodo della crescita

Cambiare pelle per creare l’Azienda De Benedetti

Protagonisti

Carlo De Benedetti – A.D. e Presidente (dal 1983)
Franco De Benedetti – A. D. per le Strategie di Gruppo

Per mantenere l’identità olivettiana, secondo Franco De Benedetti, fratello di Carlo, si punta:

  • sul mantenimento dell’immagine esterna,
  • e sulle relazioni interne.[26]

Mentre il primo obiettivo è stato raggiunto con una forte immagine aziendale in continuità con la precedente, grazie a Renzo Zorzi, Direzione Corporate Image, il secondo ha portato, con lo stile di management dei De Benedetti nella gestione delle risorse umane, all’allontanamento dall’eredità di Adriano.

La gestione di Carlo De Benedetti incomincia con la sua dichiarazione del ’79: procedere a 4500 licenziamenti.[27] Il proclama viene poi ridimensionato in una raffica di Casse Integrazione, 500 in Canavese e 250 a Crema e in 600 prepensionamenti nel ‘79, a cui seguiranno in continuità casse integrazioni e prepensionamenti negli anni successivi.[28]

Inizia una lenta trasformazione della gestione delle risorse umane.[29] Nella gestione del personale tende a prevalere una gestione più amministrativa delle persone. La redazione delle liste di chi mandare in cassa integrazione mettono in crisi i gestori della tradizione Olivetti, perché questo non rientra nelle loro abitudini e nella loro formazione. Tanto che i gestori precedenti sono sostituiti da gestori giovani che non portano la cultura precedente.

E qui incomincia a incrinarsi il patto di fiducia con il vertice aziendale. [30]

Sul mio libro Olivetti. Una storia breve ho scritto: “Il DNA dell’Azienda, con l’ingresso di De Benedetti, da industriale e solidale diventa finanziario.

Da un lato, da una conduzione industriale mirata alla produzione e agli investimenti nella ricerca e sviluppo, si passa alla loro progressiva diminuzione, favorendo sempre di più il BUY (l’acquisto) anziché il MAKE (il fabbricare), riducendo così drasticamente il valore aggiunto dei prodotti.”[31]

De Benedetti pensa, infatti, che la tecnologia sia una commodity che si può acquistare ovunque.[32]

Dall’altro, da una forte integrazione aziendale, con un comune sentire e una forte identità di squadra, si passa all’esaltazione del risultato individuale, con risultati negativi sulla coesione interna e sul risultato stesso a medio e lungo termine”.[33]

L’Azienda viene completamente cambiata e continuamente adattata alle dinamiche del business, come “anche gli investimenti in tecnologie e sui prodotti […] impostando una strategia di completa rottura con il passato”. [34] Nonostante De Benedetti, al suo arrivo in Azienda, trovasse “i cassetti dei laboratori della R&S pieni di progetti elettronici”.[35] Non raggiungendo però gli obiettivi, in particolare nell’area dell’informatica (NLS, Nuova Linea Sistemi). Così scrive Gianfranco Casaglia nel suo documentatissimo libro Informatica Olivetti 1970- 1998: “…il piano presentato nel 1979 per la NLS, dopo cinque anni non aveva realizzato gli obiettivi attesi … Nel 1984 [] l’offerta dei prodotti nativi non era decollata e non sembrava competitiva”.[36]

1979 Perotto e Bellisario vengono allontanati: Perotto all’Elea (Società per la formazione del Gruppo Olivetti), come Presidente, e Bellisario alla OCA (Olivetti Corporation of America), anch’essa come Presidente.

Prodotti significativi

1982M 20 (PC IBM non compatibile)
1984 – M 24 (PC IBM compatibile)

Dopo l’uscita della M24 a Cupertino in California, il centro di ricerca avanzata Olivetti, dove è stato progettato, è pronto a studiare rapidamente i successori, molto più avanzati, ma viene presa una decisione strategica, come testimoniato nel libro Uomini e lavoro alla Olivetti[37]: «“Mai precedere IBM; sempre e solo seguirla. Quindi non fare, ma fare dei cloni».[38]

Questa decisione condanna la Olivetti a essere un follower e non più un leader, come l’azienda era stata fino ad allora e come veniva percepita.

1984-1985 –  Linea 1
1987 –  LSX (Linea 2) – Open System Architecture (OSA). Complesso di prodotti integrato, basato sul sistema operativo UNIX utilizzato dalla AT&T sui suoi minicomputer 3B. La OSA, tuttavia, solleva obiezioni da alcune consociate, come Gran Bretagna, USA (Olivetti Bunker Remo), Germania, Francia, che già dispongono di proprie soluzioni.[39] “Con OSA Olivetti non riuscì a conquistare un mercato più ampio di quello acquisito”. [40]

Un’indagine di employee satisfaction

1988 – Un’indagine di employee satisfaction fatta su tutta la struttura del gruppo, come testimoniato nel libro Uomini e lavoro alla Olivetti,[41] mette “in luce il brusco cambiamento di indirizzo nella gestione degli uomini che era avvenuto in Olivetti dall’inizio degli anni ottanta” e sottolinea come il decennio trascorso evidenzia “in modo acuto un peggioramento” e ancora, per il top management cosa ancora più urticante, “errori di impostazione strategica”. Il peso delle affermazioni che emergono evidenziano tutta una serie di problemi che avrebbero dovuto essere presi in considerazione, ma sui risultati dell’indagine cala un silenzio gelido da parte del top management.[42] Quale abisso rispetto alla cultura olivettiana della “disponibilità dell’azienda ad ascoltare il dipendente e supportarlo nelle sue proposte e richieste”.[43]

Non molto tempo dopo questo esito inizia una dismissione forzata di circa 250 dirigenti della vecchia guardia olivettiana, con la motivazione che hanno superato i trentacinque anni di anzianità aziendale. Caso vuole che tra essi vi siano persone che non hanno superato i cinquant’anni di età, perché hanno iniziato a lavorare a 15 anni al Centro Formazione Meccanici, quindi olivettiani doc. [44]

L’accordo con AT&T

1984 – Accordo con AT&T per M24 (AT&T PC6300). Venduti ad AT&T 680.000.[45]
1989 – Fine dell’accordo con AT&T, per palese disaccordo sulle strategie di prodotto e di mercato.[46] Olivetti si trova senza un partner forte.[47]


6. Cassoni A.D.:1988-1992
Il periodo della divisione

Cambiare pelle per recuperare gli obiettivi non raggiunti

Protagonisti

Carlo De Benedetti – Presidente
Vittorio Cassoni – A-D.

La Olivetti viene divisa in:

Olivetti Office
Olivetti System & Network (OS&N)
Olivetti Information Service
Olivetti Attività Tecnologiche

Operazione attuata con effetti totalmente negativi per “…l’Instaurarsi di una costante conflittualità nella definizione dei ruoli e delle attribuzioni, oltre che nella definizione dei ruoli di competenza. Conflitti erano sia in Consociata: prezzi, politiche commerciali, accesso ai clienti, sia al Centro, relativamente ai piani di sviluppo prodotti e alle ristrutturazioni delle aree di produzione”.[48]

È “la madre di tutti i disastri”. L’idea nasce dalla necessità di affrontare meglio il mercato dando una missione precisa a ognuna delle nuove entità. Idea, forse, strategicamente corretta, ma concepita da una persona esterna all’Azienda, come Cassoni, con esperienze in IBM e AT&T.

Un’Azienda così profondamente integrata, unitaria nella sua struttura organizzativa e nel comune sentire delle maestranze non si può spaccare in più parti dall’oggi al domani senza creare profonde lacerazioni e contrasti. Viene quindi concepita male e realizzata peggio.[49]

La divisione delle Consociate tra prodotti per ufficio, Olivetti Office, e prodotti sistemi, Olivetti System and Network, riproducendo la nuova struttura aziendale attuata al centro, crea sui canali commerciali confusione e conflittualità, con declino dell’immagine aziendale e perdita di clienti.[50]

È un periodo fortemente conflittuale che porta alla perdita di energie preziose e alla duplicazione di strutture con conseguente aumento dei costi. Il risultato è pesante, come certifica la tabella del Bilancio Consolidato del Gruppo Olivetti del 1992: [51]

Negli stessi anni si è proceduto a massicce dismissioni del personale. Nel 1988 il personale è di 57.760 unità, nel 1992 si è ridotto a 40.401 unità.[52]

Quello che rimane di immagine aziendale e di senso di appartenenza sono inevitabilmente compromessi.

Nel 1991 si consuma la definitiva rottura con la comunità olivettiana: Mario Caglieris, assunto personalmente da Adriano e che ha sempre ricoperto posizioni di vertice, il 30 aprile, non volendo condividere un ulteriore taglio di 7.000 persone, si dimette.[53] Nell’ottobre dello stesso anno scrive un racconto onirico, Olivetti addio. Un sogno premonitore, in cui preconizza la fine dell’Azienda, dapprima diffuso in poche copie fotocopiate agli amici, poi stampato dalle Spille d’Oro Olivetti, a cui dona i diritti.


7. Passera A. D.: 1992-1996
Il periodo della sopravvivenza

Cambiare pelle per salvare la pelle

Protagonisti

Carlo De Benedetti – Presidente
Corrado Passera – A. D.

L’Azienda viene riunificata.

La riunificazione comporta divergenze e difficoltà nel raggiungere accordi tra il management proveniente da OS&N e Office.  I dissapori e la conflittualità degli anni di contrapposizione non possono che riflettersi sui rapporti interni.

Nascono anche nuovi problemi, come la strategia dei personal computer, con due linee di prodotti, i “consumer” e i “professional” in parziale concorrenza tra di loro, ora da riunificare, non senza difficoltà e contrasti, in un’unica proposta.[54]  In Azienda, anche grazie a questo clima, si perde completamente l’identità olivettiana.

“La nomina di Passera costituisce il punto di svolta, in cui, esaurita la fase di sviluppo industriale [] si punta al mercato della integrazione sistemi e dei servizi”,[55] cioè, non si è più neppure dei follower, ma solo degli integratori.

In questo periodo l’Olivetti inizia l’abbandono dell’informatica entrando nelle telecomunicazioni con la creazione di Omnitel e Infostrada.[56]

Alla Omnitel, nel 1994, viene assegnata, con un bando di gara, la seconda licenza per la gestione del servizio radiomobile GSM in Italia, entrando così in concorrenza con Telecom–Italia, finora in posizione di monopolio. La Omnitel, ottenuta la gestione del servizio radiomobile, è affidata a Francesco Cajo.[57]

Il grande passato regala, tuttavia, alla Olivetti un successo internazionale. «Il sole 24 Ore» del 22 dicembre 1993, riporta una notizia clamorosa: l’ing. De Benedetti comunica che l’Olivetti ha vinto un grande progetto europeo per la riconversione alla vita civile degli ufficiali dell’ex Armata Rossa, divenuti in esubero per la drastica riduzione dei suoi organici. L’ex “prima fabbrica di macchine per scrivere” ha vinto il progetto sulla base della credibilità e della grande esperienza manageriale che può ancora vantare; perché il progetto è proprio basato su questo: il trasferimento di know how manageriale agli ufficiali, per farli diventare manager nella vita civile. Il progetto è il Russian Officers Re-Training Programme. L’Olivetti vi partecipa negli anni 1994-1996, con la sua società per la formazione Elea.[58]


8. Caio A.D., poi Colaninno A. D.– 1996 – 1999
Il periodo della fine

Nel settembre 1996 la fine dell’epoca benedettiana arriva improvvisa e inaspettata; tra il 4 e il 5 settembre 1966 avviene un vero e proprio colpo di scena: Renzo Francesconi, Direttore Generale, che il nuovo Amministratore Delegato Francesco Caio, subentrato a Corrado Passera, ha assunto da un paio di mesi, si dimette, dopo la riunione del consiglio di amministrazione, e dichiara alla stampa “che, a suo parere, le perdite indicate nella relazione semestrale approvata da quel consiglio, circa 440 miliardi al 30 giugno ’96, sono in realtà inferiori al reale”.[59] Titolo a picco. De Benedetti, dopo 18 anni, lascia la presidenza della Olivetti all’avvocato Antonio Tesone. Manterrà quella onoraria ancora per qualche anno. Anche Caio si dimette e gli subentra Roberto Colaninno.[60]

Cambiare pelle per cambiare business 

Ci si disfa della parte informatica dell’Azienda

La Olivetti viene nuovamente divisa, i nomi sono cambiati, ma questa volta l’esito è diverso: l’OLSY (Olivetti Systems, parte dell’ex OS&N, in cui è compresa anche la Oliservice) è ceduta alla Wang, l’Olivetti Personal Computer è anch’essa ceduta, mettendo così fine all’informatica, l’Elea pure, e l’Olivetti Lexikon (in cui sono confluite le attività della Olivetti Office) diventa, dopo la cessione dell’Olivetti Syntesis, l’erede di quasi tutte le poche attività operative e industriali Olivetti rimaste. [61]

La Olivetti Lexikon (A.D. Colaninno), l’unica realtà rimasta, almeno di nome, olivettiana, ritenendo gli uomini Olivetti inadeguati e demotivati (ma non si fa nulla per motivarli), cambia l’A.D. con un dirigente Whirpool, il direttore commerciale con un dirigente Xerox, il responsabile della logistica con un altro Whirpool. I cambiamenti non producono, tuttavia, risultati soddisfacenti (Lexikon continua a accumulare perdite). Gli ultimi olivettiani si sentono a disagio, non è più la loro Azienda.

La Olivetti è di fatto finita; uno dei segni, per chi non lo avesse ancora capito, è la cessazione della pubblicazione di Notizie Olivetti, che, registrato al tribunale d’Ivrea il 15 gennaio 1953, ha accompagnato la vita dell’Azienda per quasi 44 anni ed è stato un punto di riferimento per tutti gli olivettiani. L’ultimo numero è pubblicato nella Primavera del 1997. Un altro segno inequivocabile è che i Servizi sociali sono completamente scomparsi.

Si punta sulla telefonia mobile

1999 – Colaninno lancia con successo un’Offerta Pubblica di Acquisto e Scambio delle azioni di Telecom Italia, cedendo nel contempo le partecipazioni di Olivetti in Omnitel.[62] Come soci dell’operazione ha un gruppo di imprenditori-finanzieri soprannominato la razza padana dell’imprenditoria.[63] Nasce così il Gruppo Olivetti-Telecom.

I passaggi successivi non interessano più il tema di questo scritto, ma unicamente una serie di giochi di borsa tra diversi attori, dove l’Olivetti perde ogni rilevanza. Alla fine rimane solo Telecom, che ha all’interno un piccolo nucleo di quella che era l’Olivetti, che Telecom mantiene perché interessata a conservarne il marchio. Telecom conserva anche l’Archivio Storico Olivetti.


9. Le azioni Olivetti escono dalla Borsa

Il 13 marzo 2003, dopo oltre quarant’anni, viene ritirato dalla Borsa, il titolo di uno dei simboli dell’industria italiana: la Olivetti.  Sul listino di Piazza Affari aveva debuttato nel lontano 1960.


[1] G. Perotto, Cambiare pelle per salvare la pelle. Una nuova strategia basata su scenari, architetture e creatività per il rilancio delle aziende negli anni ’90. Milano1994.
[2] Ibidem., p. 23.
[3] F. Butera, G. de Witt, Valorizzare il lavoro per rilanciare l’impresa, Milano 2011, p. 17.
[4] A. Olivetti, Appunti per la storia di una fabbrica, in AA. VV., Olivetti 1908-1958, Ivrea 1958, p. 10.
[5] C. Olivetti, Nel primo anniversario della morte di Domenico Burzio, Ivrea 1932, p. 19.
[6] A. Olivetti, Città dell’uomo.  Discorso ai lavoratori di Ivrea, Torino 2001, p. 113.
[7] A. Olivetti, Città dell’uomo, Discorso ai lavorator di Pozzuoli, Torino 2001, p. 99.
[8] Enrico Sargentini, giovane ingegnere, che dopo aver partecipato ai corsi IPSOA, l’Istituto creato nel dopoguerra per forgiare i dirigenti industriali italiani con una visione internazionale, viene convinto da Adriano Olivetti a rimanere in Italia, anziché andare negli Stati Uniti, per realizzare con lui l’I-RUR nazionale. Da lui possiamo conoscere l’intero disegno, mai del tutto reso pubblico, per via delle opposizioni che poteva creare. La testimonianza di Sargentini si è concretizzata in un diario, depositato presso l’Archivio Diaristico Nazionale, che ha voluto condividere con me per scrivere Adriano Olivetti e il Territorio. Dai Centri Comunitari all’I-RUR.
[9] Archivio Diaristico Nazionale, E Sargentini, 3 anni con Adriano Olivetti. Ricordo di un sogno, Premio Pieve 2015, p. 10.
[10] G. Silmo, Olivetti Una Storia Breve, Ivrea 2017, pp. 230-239.
[11] A. Pichi, La gestione del personale: una magistratura aziendale senza tribunali,  http://olivettiana.it/le-relazioni-del-convegno-spille-doro-dell11-novembre-2017-in-me-non-ce-che-futuro/
[12] F. Butera, G. de Witt, Valorizzare il lavoro per rilanciare l’impresa, op.cit., p. 18.
[13]  Ibidem, p.20.
[14] Ibidem., pp.20-21
[15] G. Silmo, Oltre le Consociate, i valori Olivetti, dalle steppe russe ai deserti africani, Le relazioni del convegno Spille d’Oro dell’11 novembre 2017 – “In me non c’è che futuro” – Olivettiana.it
[16] Dal titolo del libro: Ottorino Beltrami, Sul ponte di comando, dalla Marina militare alla Olivetti, a cura di Alberto De Macchi e Giovanni Maggia, Milano 2004.
[17] G. Silmo, Olivetti Una Storia Breve, op. cit., p. 274.
[18] Ibidem, p.314.
[19] Ibidem, p. 315.
[20] G. Casaglia, Informatica Olivetti 1970-1998, Roma 2023, p.59
[21] G. Silmo, Olivetti Una Storia Breve, op. cit., p.289.
[22]  Ibidem, p.314.
[23] G. Casaglia, Informatica Olivetti 1970-1998, op. cit., p.72
[24] ibidem
[25] Ibidem, p. 75.
[26] Ibidem, p. 146.
[27] ISMEL – Istituto per la Memoria e la Cultura del Lavoro, SI POTEVA SALVARE LA OLIVETTI? ATTI DEL CONVEGNO FIOM CGIL IVREA 13 DICEMBRE 2008, p. 15
https://www.ismel.it/images/Olivetti_-_Si_poteva_salvare_lolivetti_compressed.pdf
[28] Ibidem, Allegato n.6, Cronistoria occupazione alla Olivetti dal 1978 al 1988 e dati CIG, mobilità e prepensionamenti
[29] F. Novara, R. Rozzi (a cura di R. Garruccio), Uomini e lavoro alla Olivetti. Postfazione di Giulio Sapelli, Milano, 2005, p. 314.
[30]Ibidem, p. 317.
[31] G. Silmo, Olivetti. Una Storia Breve, op. cit., p. 317.
[32]F. Novara, R. Rozzi (a cura di R. Garruccio), Uomini e lavoro alla Olivetti, op. cit., p. 51.
[33] G. Silmo, Olivetti. Una Storia Breve, op. cit., p. 317.
[34] G. Casaglia, Informatica Olivetti 1970-1998, op. cit., p. 145.
[35] F. Novara, R. Rozzi (a cura di R. Garruccio), Uomini e lavoro alla Olivetti, op. cit., p.59.
[36] G. Casaglia, Informatica Olivetti 1970-1998, op. cit., p. 207
[37] F. Novara, R. Rozzi (a cura di R. Garruccio), Uomini e lavoro alla Olivetti, op. cit.
[38] Ibidem, p.466.
[39] G. Casaglia, Informatica Olivetti 1970-1998, op. cit., p. 345.
[40] Ibidem
[41] F. Novara, R. Rozzi (a cura di R. Garruccio), Uomini e lavoro alla Olivetti, op. cit.
[42] Ibidem, pp.320-321.
[43] Ibidem, p.314.
[44]F. Novara, R. Rozzi (a cura di R. Garruccio), Uomini e lavoro alla Olivetti, op. cit., p. 321.
[45] Ibidem, p. 205.
[46] Ibidem, pp. 385, 387,388.
[47] Ibidem, p. 409.
[48] G. Casaglia, Informatica Olivetti 1970-1998, op. cit., p. 426.
[49] G. Silmo, L’Olivetti di De Benedetti, https://olivettiana.it/lolivetti-di-de-benedetti/
[50] G. Silmo, Oltre le Consociate, i valori Olivetti, dalle steppe russe ai deserti africani, Le relazioni del convegno Spille d’Oro dell’11 novembre 2017 – “In me non c’è che futuro” – Olivettiana.it
[51] Gruppo Olivetti Bilancio consolidato 1992, p. 8.
[52] Ibidem
[53] P. Bricco, l’Olivetti dell’Ingegnere, Milano 2014, p. 313.
[54] M. Citelli, E. Piol, Adaptive Business Model. L Olivetti dopo Adriano. Una storia Italiana di resilienza e un modello per le startup, Milano 2016, p.147.
[55] G. Casaglia, Informatica Olivetti 1970-1998, op. cit., p.481.
[56] F. Novara, R. Rozzi (a cura di R. Garruccio), Uomini e lavoro alla Olivetti, op. cit. p. 54.
[57] M. Citelli, E. Piol, Adaptive Business Model. L Olivetti dopo Adriano, op. cit., pp. 152-153.
[58] G. Silmo, Olivetti. L’ultima sfida: l’Armata Rossa, https://olivettiana.it/olivetti-e-armata-rossa/
[59] Olivetti, Francesconi indagato, «La Repubblica», 26 ottobre 1996.
[60] F. Novara, R. Rozzi (a cura di R. Garruccio), Uomini e lavoro alla Olivetti, op. cit. p. 633.
[61] G, Silmo, L’Olivetti di De Benedetti, https://olivettiana.it/lolivetti-di-de-benedetti/

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *